sabato 22 marzo 2008

Visita al Grand Hotel di Abano

Gita scolastica


Mercoledì 19 Marzo 2008 - Visita al Grand Hotel di Abano



Grand Hotel Abano

Racconto di fb sul viaggio

È una bella giornata, con una brezza fresca e un cielo chiazzato di nuvole. Il sole ancora basso trova spazio fra le nuvole ma non scalda più di tanto. I ragazzi erano sul marciapiede davanti ai cancelli della scuola chiacchieravano e si spintonavano allegramente. Non c'era solo la Seconda del mio allievo ma anche una Terza. Ero vicino alle due prof che accompagnavano le classi, le insegnanti di ricevimento della Seconda e della Terza. Queste due conversavano amabilmente, ascoltavo ma non seguivo con attenzione. Tutti chiusi nei nostri giacconi abbiamo atteso l'arrivo del pullman che ci avrebbe portato a destinazione. Ci siamo chiesti se fosse stata la “navetta” a trasportarci. In un primo momento ho detto di no, perché non poteva fare molta strada, ma ripensandoci, al pattinaggio a Padova ci siamo andati con essa.

Stamattina ero in treno, aveva un po' di ritardo perché è rimasto fermo in una stazione e ho guardato l'orologio: cosa avrei fatto se il treno non fosse ripartito? Ho acceso il cellulare, nel caso la scuola volesse mettersi in contatto con me. Il treno è ripartito ma non è stata chiara la ragione di quella sosta prolungata. La cosa strana è che siamo arrivati a Montagnana sul primo binario invece che sul secondo. A scuola, sono salito in aula insegnanti per attendere un poco. Nell'atrio ho incontrato il mio allievo, E., mi sembrava solo, ma guardando meglio ho visto che c'erano anche alcune sue compagne. Sono arrivati presto, manca ancora mezz'ora all'arrivo del pullman! Dovrebbe arrivare alle otto e mezza. In aula insegnanti ho incontrato i miei colleghi che arrivavano un po' alla volta. Fra poco sarebbe suonata le campana per far entrare gli studenti, e dieci minuti dopo sarebbe suonata l'altra per far cominciare le lezioni. La collega di matematica mi chiede se sono io che ho vinto la lotteria della scuola. Mercoledì ho preso due numeri. Ah, non lo so, non mi hanno detto niente. Arriva una collega del sostegno dicendomi che sono io ad aver vinto. Oh, no! Mi vergogno, tutti hanno pagato per me... Proprio io che non gioco mai. Sono contrario alle lotterie, questa volta mi hanno preso, non potevo tirarmi indietro. Vado giù, anche perché si avvicina l'ora della partenza e una bidella mi ferma per darmi la notizia. Ho vinto la colomba fatta dagli studenti di Terza. C'era anche un grosso uovo di cioccolato in palio, vinto da F., l'altra bidella. Non posso portare il dolce con me, verrò a prenderla al ritorno.

Fuori della scuola ci sono i ragazzi che aspettano il pullman, c'è anche qualche ritardatario che passa in mezzo a loro e si dirige verso il portone. Le due prof accompagnatrici sono nel parcheggio, sull'altro lato della strana e... stanno chiacchierando e indugiano nell'attraversare. Non c'è alcuna fretta. C'è tempo. Attraversano e mi raggiungono. Conosco già l'insegnante di ricevimento della Seconda, ma non conosco l'altra pur avendola già vista qualche volta. Facciamo le presentazioni, e poi la conversazione fra le due prof prosegue. Ho già dimenticato il nome di quella che chiamerò la prof di Terza.

Con qualche minuto di ritardo arriva la navetta. È con quella che faremo la nostra gira. I ragazzi montano su e vanno ad occupare i posti in fondo. Sono quelli di Terza che conquistano i posti più indietro. Noi insegnanti saliamo per ultimi e occupiamo i posti davanti. E e A, però hanno preso i primi posti, perciò ci sistemiamo dietro a loro. Le prof contano gli allievi. La prof di Terza apostrofa le sue allieve troppo chiassose. Ci siamo tutti. Io ho cominciato a scrivere sul mio diario. Si parte!

Il viaggio si svolge tranquillo sulla statale, fra gli schiamazzi delle "galline" che esplodono ogni tanto. Il traffico non è molto intenso, ma ogni tanto il nostro autista strombazza a qualche automobilista che non ha una guida impeccabile. La giornata è bella anche se non è limpidissima e il paesaggio mostra i Colli Euganei e, più lontano, le montagne delle prealpi con le cime imbiancate dalla neve.

La meta della nostra gita è il Grand Hotel di Abano, in via Nazionale 2. È l'autista che ha chiesto alle prof dove siamo diretti, ma l'informazione non lo aiuta molto. Pensavo che svoltasse al ponte di Mezzavia, e invece vedo che prosegue. Svoltiamo al ponte della Fabbrica, e dopo un po' di giri arriviamo in un parcheggio dove si può lasciare la navetta. In realtà non c'è posto per parcheggiare, ma smontiamo comunque lì. Siamo arrivati e sono le nove e cinquanta. Le prof prendono accordi con l'autista per decidere a che ora ritrovarsi. Scambiamo anche i numeri di telefono per tenerci in contatto. La Prof di Terza dice che per andare al Grand Hotel deve passare per la zona pedonale, da lì sa come raggiungerlo. Posso fare io da guida. Dobbiamo attraversare, ci sono le strisce ma i ragazzi non ci passano sopra. G., una della Seconda, dice che i carabinieri le avevano spiegato che fino a 150 metri dalle strisce si poteva passare senza camminarci sopra. Ma no, è il contrario, ribatto io. La zona pedonale è poco lontano da dove abbiamo lasciato la navetta, però non so dov'è il Grand Hotel. Bene, tu mi porti alla zona pedonale, ed io ti porto al Grand Hotel, dice la prof di Terza.

Attraversiamo la zona pedonale per intero, c'è poca gente a quest'ora. D'estate, la sera fino a tardi, qui è pieno. Superata la zona pedonale, a poca distanza è il Grand Hotel. Ci son passato davanti tante volte, senza farci caso. A dire il vero, me lo sentivo che fosse lì, ma non ne ero certo. Superiamo il cancello e ci fermiamo nel vialetto che porta all'entrata dell'Hotel. Il visitatore viene colpito dalla vegetazione che popola il giardino dell'albergo. Alte e fitte palme insieme a una grande varietà di altre piante nascondono le strutture esterne al grande edificio biancastro che si erge in fondo al vialetto. M. nota la piscina. Ha riconosciuto un piccolo scorcio fra la fitta vegetazione. Ho notato anch'io l'azzurro delle piastrelle che sono tipiche delle piscine. La prof di Terza è andata a parlare con i responsabili dell'albergo per annunciare l'arrivo della comitiva. Torna poco dopo per farci rimettere in cammino. L'albergo emerge in tutto il suo splendore. È fatto di parecchi piani e ci sono molti balconi che si affacciano con una balaustra in metallo verniciata di bianco. Per entrare bisogna attraversare una posta girevole. Si entra uno alla volta, anche se i ragazzi si cimentano a passare anche in due per volta. Ci ritroviamo in una grande hall con un enorme lampadario sospeso al centro della volta della sala. Tavolini, tavoli, specchi, poltrone, tappeti, un lungo tavolo per la reception, quadri appesi dappertutto, per ricordare ai visitatori stranieri che sono in terra di artisti, e tutto sprigiona un gran lusso. Un signore sulla quarantina, ci accoglie sorridente e tiene un discorsetto agli allievi che si accingono ad intraprendere la visita. Insiste sul fatto che dobbiamo tenere un certo "decoro". Racconta un po' la storia dell'albergo. È stato inaugurato dieci anni fa, ed è stato interamente realizzato ad Abano. Non ho capito bene cosa volesse dire. Spiega che la maggior parte degli alberghi qui ad Abano sono nati negli anni Sessanta, ed il fatto di essere recente, costruito sulla base di esperienze storiche acquisite, costituisce un suo punto di forza. In questo albergo si parlano cinque lingue. Le elenca. C'è anche il Russo, per via della clientela che in questi anni ha preso a frequentare l'albergo. Illustra i menù esposti su un leggio vicino all'ingresso sala da pranzo. Attenzione alla presentazione, avverte. Trattandosi di un albergo a cinque stelle, si deve stare attenti ai minimi dettagli. Arrivo fra gli ultimi a dare un'occhiata a questi decantati menù, uno in servizio pensione e l'altro "à la carte". Guardo i prezzi, ma sono troppo confuso per rendermi conto di quanto sono alti. Mi pare di aver notato che i prezzi “à la carte” sono parecchio più alti. Nella sala ristorante la nostra guida continua la sua presentazione. Sono indietro e non riesco a seguire il suo discorso. Chiedo a E. quale sia il lavoro di costui. Mi risponde che è il direttore. L'uomo continua a parlare, annuncia l'intervento di un altro personaggio, un maitre, mi pare.

Il personaggio in questione è un signore anziano, dai capelli bianchi, anche lui gentile nei modi. Si occupa del menù. Racconta di insalate, frutta in grande varietà (esotica, di stagione e non di stagione). Non vediamo nulla perché i contenitori sono coperti con delle tovaglie bianche. Ne solleva una, ma non vediamo niente lo stesso. Il cliente può scegliere fra menù à la carte e menù del giorno inserito. Si cerca di andare incontro a tutti. Al menù dietetico, a quello per chi soffre di allergie...

Interviene l'altro, pare che si chiami Francesco. Parla di pacchetti personalizzati. Si riferisce alle offerte dell'hotel ai suoi clienti.

Torna a parlare il signore anziano che ha a cuore di dire qualcosina ai nostri allievi. A chi resterà nell'alberghiero, ammonisce, consiglio di imparare il rispetto, la disponibilità, la gentilezza. Dobbiamo non esserci, ma dobbiamo... la Prof di Terza suggerisce: ...essere visibili. Ecco, non voleva dire questo, aggiunge il signore, ma è proprio quella la cosa che ci vuole. La prima impressione del cliente è importante. La correttezza, la gentilezza, la visibilità, la pulizia, stanno alla base del nostro lavoro. Piacere di avervi conosciuto. Buona Pasqua!

Usciamo dalla sala e attraversiamo la hall seguendo la nostra guida. Il salone imperiale per le serate danzanti, i convegni, anche politici, ma solo per piccoli gruppi. I convegni con gran numero di persone si tendono al teatro che è anche un centro congressi. Si notano tante poltrone in velluto rosso ridosso alle pareti. La guida ci spiega che adesso ci divideremo in due gruppi (ce l'aveva anticipato prima, ma adesso è venuto il momento di dividerci). Siamo in tanti e questa soluzione è necessaria. La Terza seguirà lui, la Seconda seguirà la signora che ci presenta. Susan viene da Mosca, ci informa. Una donna sulla quarantina (forse anche meno), vestita di nero, capelli scuri, begli occhi scuri, carnagione scura (ma è solo una mia impressione?). Una tipa dalle poche parole. Il suo superiore le suggerisce di farci vedere la 729. La signora russa fa cenno di sì. Il gruppo della Terza si allontana insieme alla sua Prof e a quel signore che finora è stato la nostra guida. La russa ci accompagna agli ascensori. Dobbiamo andare al settimo piano. Ce ne sono tre e dobbiamo dividerci, non ci stiamo tutti (saremo una ventina). I led degli ascensori indicano che sono al piano 7. Qualcuno ha già chiamato il primo, mi aggrego a un gruppetto di ragazzi che ne hanno chiamato un altro. Il viaggio è molto breve, eppure non ho sentito forti accelerazioni. Sarà perché ero distratto. Non mi aspettavo di arrivare così presto. Ci ritroviamo al settimo piano, ci sono già anche gli altri compagni che aspettano. G. racconta che lei ha paura degli ascensori, e anche delle scale mobili, ma non quelle a gradini. Quelle a tapis roulant. Eppure lei non ha paura di niente. Si tratta di fobie, qualcosa di strano di cui soffre la gente.

La russa ci fa strada attraverso un breve corridoio che finisce in un corridoio più lungo su cui si aprono le porte delle camere. Ci fermiamo alla 708. La signora apre la porta, entra, e noi la seguiamo. Attraversiamo un piccolo disimpegno su cui si apre la porta di un lussuoso bagno. La porta è aperta e possiamo sbirciare: piastrelle lucide dai colori caldi, ocra e rosso, servizi, lavandini. La prima stanza è una matrimoniale con letti separabili. Il pavimento è ricoperto da una spessa e morbida moquette azzurra a pallini bianchi o gialli. La moquette del corridoio, invece, era rossa. Più avanti si apre il balcone. La signora invita la comitiva ad ammirare il panorama. Io sono rimasto indietro e vedo poco. Ma è bellissimo, offre un panorama sulla parte nuova della città. Negli ultimi anni c'è stata qui ad Abano una esplosione edilizia che ha cambiato un po' il volto della città in questa zona. Insieme a delle nuove costruzioni, è stato creato un parco attraversato da una stradina pedonale, che corre per un tratto parallelamente alla zona pedonale, ma che poi prosegue più in là per terminare su un altro complesso di edifici. La Russa esorta i ragazzi a non buttarsi giù. Dopo aver ammirato il paesaggio, fa rientrare i ragazzi. La prof di Seconda invita i suoi allievi a notare i particolari della stanza. La moquette, il ricco lampadario, le decorazioni in cartongesso alle pareti, le poltrone e i mobiletti in stile, la tipologia del letto – a componenti separabili. La signora russa apre lo sportello di un mobile. È un frigo, con tv e satellitare. Il massimo del comfort. Ci avviamo verso l'uscita. E. ha notato qualcosa e si ferma a chiedere informazioni alla Russa. Perché c'è il citofono in bagno? La signora sembra avere qualche difficoltà nel rispondere. Se qualcuno ha bisogno di chiamare, l'apparecchio è collegato giù... Penso che sia lì anche per ragioni di sicurezza, spesso gli ospiti che vengono qui sono persone anziane ed hanno bisogno di essere raggiungibili in caso di necessità. Sostiamo un poco nel corridoio, mentre la signora chiude la porta della stanza e si decide dove portarci. Le pareti del corridoio sono coperte da quadri, non ho il tempo di coglierne il significato o memorizzarli, ma sembrano dei quadri piuttosto astratti. Un cliente, un giovanotto alto e ben piantato, attraversa il corridoio avvolto in un accappatoio celeste e provoca un certo subbuglio di commenti nei ragazzi. Mentre aspettiamo la signora russa, qualcuno chiede alla prof come fa, si riferisce alla russa, ad aprire le porte, non ha le chiavi. In effetti le serrature in ottone lucido delle porte sono dotate di una feritoia nella quale si infila una scheda. La prof dà qualche spiegazione su questo aspetto. Arriva la signora russa che era sparita per un poco. Ci apre e ci fa entrare in una stanza dalla tipologia diversa, come spiega la prof della Seconda. È una suite, osserva qualcuno. La signora russa annuisce. Qui abbiamo un pavimento a parquet, non più la moquette. Anche qui si ammira un panorama, da una ampia finestra che guarda verso la parte nord della città, quella che chiamano Abano vecchia. In fondo c'è Padova, indico un lontano edificio verde-azzurro che spunta all'orizzonte. G. mi corregge, Padova è là. Un po' più sulla destra. Gli altri non sono molto interessati al panorama e si riversano nella stanza accanto. La visita è breve, mi sono distratto e ho perso l'occasione di andare a vedere. Corro a dare una sbirciata in quella stanza, una stanza da letto, ma non ne ricavo nessuna impressione. La signora russa mi aspetta per poter chiudere ed io mi affretto per non far aspettare gli altri inutilmente. Nel corridoio passa un'altra in accappatoio. Una cliente giovane, pare. Ricordo le parole di uno di quelli che ci aveva intrattenuto nella grande sala da pranzo. Qui i clienti devono sentirsi come a casa loro. Sarà difficile che qualcuno si senta a casa sua, qui, però certo è che deve sentirsi a suo agio. Non abbiamo più niente da vedere, qui. La signora ci accompagna agli ascensori. Di nuovo, la paura. C'è più di uno che soffre l'ascensore.

Siamo al pianterreno, un'altra pausa prima di ripartire con la visita. Andiamo a visitare il reparto cure, poi la piscina. Attraversiamo un largo corridoio sul quale si aprono tanti vani in cui si fanno i trattamenti col fango. Un forte odore solforoso impregna l'aria dell'ambiente. Su un tavolino basso ci sono dei secchi di fango grigio pronti per l'uso. Arriviamo alle piscine. Diverse file di lettini sdraio blu vuote ricoprono una parte della sala, illuminata da ampie vetrate tutt'intorno. La signora ci illustra una strana doppia vasca dove gli ospiti passano camminando da un'acqua calda e una fredda. Dicono, spiega la signora russa, che faccia passare tutto... i malanni, immagino. Più avanti c'è la piscina, quella coperta, ma non possiamo andarci, c'è qualcuno in acqua che se la nuota pigramente. Di ritorno verso la hall, E. chiede alla prof cosa sono quelle cose con pulsanti e spie che sono appese alle pareti accanto alle entrate dei vani per le cure. Termometri, risponde lei. Devono essere delle apparecchiature un po' più complesse, penso io... Usciti da lì, proseguiamo verso la hall. Qualcuno approfitta a servirsi del bagno e ne approfitto anch'io. Indugiamo a lungo nella hall. Aspettiamo che la signora russa ci faccia vedere qualche altra meraviglia di questo hotel. Un grande hotel. Alla reception sono arrivati diversi membri del personale, ragazzi giovani nella loro uniforme. E. se ne sta lì appoggiato col gomito al banco. Lo richiamiamo, temendo che possa disturbare il loro lavoro. Torna nel gruppo e racconta di essere andato a salutare. Bravo!

La signora russa torna (dov'era andata?) e ci indica la strada per il primo piano. Andiamo a visitare la palestra. Naturalmente, prendiamo le scale – non è necessario l'ascensore. Al primo piano sono tutta una serie di servizi come la palestra, la sauna, la grotta, il solarium, la parrucchieria, l'estetista. Passiamo davanti a tante porte. Alcune sono aperte e si vedono signori in camice bianco, attrezzature strane oltre a monitor di computer, scrivanie, e tanto altro ancora... sembra di essere in un ospedale, dall'odore che si respira. Ho notato diversi mobili-vetrina che espongono prodotti che hanno a che fare con le terapie termali. La palestra contiene gli attrezzi per gli esercizi. Non saprei spiegare la funzione di ciascuno di essi. Uno dei ragazzi raccoglie un'enorme palla grigio scura. Un attrezzo anche quello? Un attrezzo con delle maniglie che sembra servire a fare ginnastica di braccia. Ho idea che gli attrezzi lì dentro non fossero tutti di quelli che si trovano in tutte le palestre. Fra le varie meraviglie del luogo, c'è anche la grotta. La signora russa apre la porta e lascia che qualcuno degli allievi ci dia un'occhiata. Sono curioso e mi avvicino anch'io. Dall'interno viene una corrente calda soffocante. Mi faccio coraggio ed entro. Che caldo. Ci resto pochi secondi, il tempo di osservare lo strano ambiente. L'interno sembra essere quello di una grotta con le pareti in pietra e uno stalattite al centro. Intorno ci sono le panche dove si accomodano gli ospiti. Ho già visto nelle illustrazioni dei depliant posti come questo, ma è la prima volta che ne vedo uno dal vero. Nello spazio intorno, i ragazzi sono attirati da un pavimento in vetro colorato attraverso il quale si intravede la piscina del piano inferiore, quella che non abbiamo potuto visitare. Qualcuno finge di aver paura a camminare sopra per paura che il vetro si rompa. allontanandoci, qualcuno osserva che abbiamo lasciato tante orme su quei vetri.

La visita a quanto pare è finita. Dopo aver riattraversato i corridoi dell'ospedale siamo di nuovo parcheggiati nella hall ad aspettare il gruppo della Terza. Chiedo alla prof alcune spiegazioni... per esempio, cosa erano quelli che ci hanno accolto e che hanno parlato all'inizio? Mi risponde. Il signore sulla quarantina era il Capo ricevimento, l'altro più anziano era il Maitre di sala. Ecco che torna il Capo ricevimento, con la Terza accompagnata dalla sua Prof. Fa un discorsetto di commiato e conclude ribadendo la disponibilità dell'albergo. Fatevi sentire, e termina con gli auguri di buona Pasqua. Ci avviamo verso l'uscita. Ancora quella porta girevole. Passo per ultimo, non voglio essere pressato. Cosa è successo? Qualcuno ha perso un pacchetto di fazzolettini che si è incastrato sotto una delle porte girevoli. Tentano di recuperarli, ma non ci riescono. Con un gesto rapido, ci riesco io. Ma i fazzolettini sono inservibili e finiscono in uno dei cestini-posacenere che sono fuori in gran numero. Dentro l'albergo non si fuma, chi vuole deve star fuori. Alcuni ragazzi vorrebbero accendersi una sigaretta, ma la Prof di Terza glielo proibisce. Aspettiamo di uscire di qui. L'altra Prof torna dentro, si è ricordata di farsi dare il materiale. A me il maitre di sala aveva promesso che ci avrebbe fatto trovare delle copie del menù, poi però non le abbiamo trovate. Forse dovevamo chiederle al personale del ricevimento. La Prof torna soddisfatta con un sacchetto pieno di opuscoli e dei cd. Li fa vedere alla sua collega e ai ragazzi che si accalcano intorno a lei.

Usciamo dal Grand Hotel dopo aver dato un'ultima occhiata al maestoso edificio sormontato dalla maestosa insegna GRAND HOTEL ABANO TERME. E il giardino, con le sue palme alte e fitte. Propongo di fare un altro giro per cambiare un po', visto che abbiamo ancora un po' di tempo. Ma i ragazzi vogliono fermarsi in un bar ed io non so se sull'altra strada se ne trovi uno di sicuro. Rinunciamo all'idea e ritorniamo alla zona pedonale. Ci fermiamo all'american bar, l'Art Cafè, per far merenda ma soprattuto per andare in bagno. Il locale a quest'ora è poco frequentato e non diamo troppo disturbo. E poi i ragazzi consumano, non ci sono problemi. La prof di Terza vuole prendersi qualcosa al bar, ma non vuole andarci da sola e insiste che le facciamo compagnia. L'altra Prof dice di no, io non ho proprio voglia di niente, ma almeno un caffè. Va bene, un caffè mi andrebbe bene. I baristi sono gentilissimi e sono disposti, soprattutto l'uomo. E. chiede quanto costa un tramezzino. La ragazza non le risponde subito. Un euro e trenta. La Prof di terza racconterà poi che ha sentito l'uomo suggerire alla ragazza di farli a uno e trenta – i tramezzini. È andata a vedere il listino, il prezzo era di uno e cinquanta. Ha pagato lei il caffè. Vuol dire che la prossima volta toccherà a me. Torniamo fuori e raggiungiamo l'altra Prof. Le due continuano le loro conversazioni. Quella di Terza racconta la sua esperienza con il gruppo di Terza guidato dal Capo ricevimento. Da lui si è fatto dare lezioni di marketing. I punti di forza, la massoterapia... È ora di andare. E. va a prendersi un gelato. Lo sollecito a sbrigarsi. Proprio adesso gli viene in mente!

Superata la zona pedonale, passiamo davanti al Due Torri, un albergo dello stesso gruppo del Grand Hotel, cinque stelle anch'esso. I ragazzi si muovono formando un gruppo compatto e lasciano indietro le Prof. Con loro è A. uno degli studenti di Seconda, sembra impegnato in una interessante conversazione. La navetta ci aspetta dove ci aveva lasciato. I ragazzi salgono tutti su, ordinatamente. E. fa il matto e torna giù per andare incontro alle Prof. Finalmente, arriva il gruppetto con le Prof. e siamo pronti per partire. Il viaggio si svolge senza intoppi, E. conversa con me e fa la classifica dei prof di seconda. Quelli che sono i più severi con lui. Le due Prof. sono invece impegnate in una conversazione senza fine. Dunque: la più severa in assoluto è la prof di matematica. Poi viene quella di francese. Ah, sì, quella... fa paura anche a me! Poi la prof di scienze e quella di ricevimento. Ci siamo dimenticati quella di fisica (educazione fisica). Quella di inglese è buona. Il prof di diritto invece è troppo buono. Ed io? Io sono buono, però quando mi arrabbio è meglio che ti nascondi. Non ti ho mai visto arrabbiato come quella volta... mi dice. Poi c'è la prof di italiano... anche lei è buona, penso io, ma E. non è d'accordo: lei mette le note sul registro. I compagni di E. giocano a carte, incuranti dello splendido paesaggio che li circonda, mentre la navetta corre verso la scuola. Arriviamo con un quarto d'ora di anticipo rispetto al previsto. Scendo per ultimo, attardandomi per infilare il giaccone e sistemare il diario in borsa. Ringrazio l'autista e mi dirigo verso il portone. Devo ritirare la colomba. L'hanno confezionata e la sistemano in una scatola e in un sacchetto della spesa in modo da poterla trasportare. Saluto e auguro la buona Pasqua. Per me cominciano le vacanze!

In treno incontro un ex allievo dell'ITI, quando ero supplente nel 2001-2002. All'epoca egli era in seconda. È diretto a Padova, frequenta l'università, iscritto a psicologia. Ricordiamo i suoi vecchi compagni e i professori di allora. Poi mi racconta come è passato dall'istituto tecnico – meccanica a elettrotecnica e poi psicologia.

uprof